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Artisti diversi, diverse documentazioni


Tanti artisti lavorano con la performance: mettono in pratica strategie diverse per fare in modo che le loro azioni artistiche vengano ricordate.

Più di quaranta anni dopo, possiamo ancora guardare e stupirci di fronte alla performance di Joseph Beuyes I like America and America likes me grazie alla documentazione video e foto, che immortala l’artista chiuso in una gabbia in compagnia di un coyote selvatico.

Tra le varie strategie adottate ad esempio da Marina Abramovic, è presente quella del reenactment: la rimessa in scena di performance già avvenute nel passato. È quello che è successo in occasione della sua mostra The Cleaner a Palazzo Strozzi, a Firenze: alcune delle sue performance venivano reinterpretate dai suoi giovani collaboratori.

Ragnar Kjartansson, invece, trasforma in opere d’arte le documentazioni delle sue performance: le video installazioni permettono infatti agli spettatori di entrare dentro le azioni dell’artista islandese.

Ma c’è anche chi non vuole nessuna documentazione: l’artista Tino Sehgal è famoso per non volere traccia delle sue performance. E guai anche a chiamarle così: quelle che mette in scena, dice, sono situazioni, e come tutte le situazioni devono essere vissute più che documentate.

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